Canne al vento è il romanzo più famoso della Deledda, unica donna a ricevere il premio Nobel per la letteratura in Italia


Canne al vento, pubblicato nel lontano 1913, è considerato il libro più letto e tradotto di Grazia Deledda, la scrittrice sarda, unica donna a vantare il Premio Nobel per la letteratura in Italia.

Il romanzo si può definire uno scrigno che contiene casi di vita, modi di pensare di una tradizione (quella sarda) e una particolare propensione verso la descrizione multisensoriale del paesaggio, con i suoi stati d’animo.

La Deledda, infatti, in Canne al vento riesce a raccontare un ambiente tra il reale e il fantastico, cadenzato dalla vita quotidiana delle persone, che si consuma alla luce del sole, e dalla presenza dei folletti, delle fate, dei fantasmi nella notte.


La vita dell’uomo lavoratore era finita, ma cominciava la vita fantastica dei folletti, delle fate, degli spiriti erranti. I fantasmi degli antichi Baroni scendevano dalle rovine del castello sopra il paese di Galte, su, all’orizzonte a sinistra di Efix, e percorrevano le sponde del fiume alla caccia dei cinghiali e delle volpi


Questi due mondi finiscono per sfiorarsi, grazie alla tradizione – alle credenze del popolo sardo – che rappresenta anima e corpo di questo romanzo, che abbraccia per molti versi toni gotici.

Ma a immergere il lettore in questo mondo bipolare sono i colori, i suoni, gli odori, i gusti che accompagnano la narrazione con decisione, come i sentimenti, talvolta solo abbozzati a volte manifestati più nei gesti che nelle parole.

Il filo conduttore dell’intero libro – la chiave di lettura – viene suggerito nel titolo: nella figura delle “canne al vento“, uomini che vengono mossi dal destino, immagine che rimanda alle fragilità dell’uomo, in balia di un potere superiore, divino. Da qui l’espiazione, il senso di colpa, i toni malinconici che muovono i personaggi


Quasi tutti i delitti, le colpe di cui si macchiano i protagonisti deleddiani sono dettati dall’amore… proprio in quanto il loro peccato è prodotto dall’obbedienza ad una forza sotterranea e misteriosa, questi peccatori non si sentono colpevoli verso gli uomini, ma verso la Giustizia divina” ha affermato Neria De Giovanni, in un’analisi del libro.


Ma ciò che sorprende maggiormente, oltre la scrittura della Deledda – maturata in anni di studi autodidattici – è la concezione che molti critici hanno nei confronti dell’autrice sarda, i quali mettono ancora oggi in discussione il talento letterario di Grazia Deledda, premio Nobel per la letteratura nel 1926. Ma di questa realtà, che influisce molto anche sulle letture delle nuove generazioni merita un discorso a sè (ne abbiamo parlato qui).

Per concludere, si può dire che Canne al vento sia un grande classico senza tempo, in quanto in grado di raccontare una realtà a noi lontana in un modo quasi magico e tenebroso, che riesce a essere vivida nell’occhio del lettore. Ma anche poichè riesce a portare alla luce sentimenti, emozioni e tormenti umani, in grado di unire le generazioni antiche con quelle più moderne.