Il grande Gatsby rivive in una nuova edizione realizzata con la grande traduttrice che ha già portato in Italia le voci narrative di George Orwell e Joyce Carol Oates


Era il 10 aprile 1925 quando Il grande Gatsby dello scrittore americano Francis Scott Fitzgerald (1896-1940) viene pubblicato per la prima volta. Nonostante sia trascorso un secolo, il romanzo ha retto indenne nel tempo tanto da arrivare fino a noi come caposaldo e classico della letteratura americana e in Italia con oltre venti traduzioni e nuove riedizioni.

Un romanzo che, nonostante la brevità (conta appena 227 pagine), riesce a immergere nella scintillante New York dei ruggenti anni Venti, tra grandiose feste, musica jazz e struggenti sentimenti. A raccontare il mito di una nazione, con le sue promesse e le sue menzogne. A far conoscere un personaggio indimenticabile: un naufrago, uno sconfitto, tradito da quel sogno americano che può regalare il denaro e il successo, ma non sempre la felicità.


La nuova edizione con la traduzione di Claudia Durastanti

In occasione dei cento anni, la casa editrice Garzanti ha deciso di realizzare una nuova edizione (la trovi qui) del fortunato romanzo, affidando la traduzione a una traduttrice d’eccellenza, Claudia Durastanti, che abbiamo voluto intervistare.

La traduttrice italiana, che vive da anni negli Stati Uniti, ha già portato in Italia la voce letteraria di grandi scrittori come George Orwell – curando la traduzione de La fattoria degli animali (Garzanti, 2021) – e di Joyce Carol Oates con Notte al neon (Carbonio editore, 2022).

Claudia Durastanti è anche scrittrice premiata: ha esordito con il romanzo Un giorno verrò a lanciare sassi alla tua finestra (Marsilio, 2010), e tra le sue opere famose si conta Cleopatra va in prigione (Minimum fax, 2016) il memoir familiare La straniera (La nave di Teseo, 2019 – ne abbiamo parlato meglio qui) e Missitalia (La nave di Teseo, 2024).


Francis Scott Fitzgerald un modello di scrittura

Come ci racconta nell’intervista che abbiamo realizzato, Francis Scott Fitzgerald è stato un modello di scrittura per Claudia Durastanti. Un esempio da emulare. «Per molti anni quando mi chiedevano cosa avrei voluto scrivere nella vita – ci ha rivelato – ho risposto Tenera è la notte senza esitazione alcuna».

In questa occasione ha dovuto così invertire il suo ruolo di lettrice appassionata in quello di traduttrice, compiendo scelte oculate come quella di utilizzare il passato prossimo rispetto al passato remoto e di attualizzare alcuni termini.

Ne esce un’edizione capace di offrire uno sguardo nuovo, più attuale e moderno alla storia. Un romanzo che non perde la sua luce, la sua capacità di affascinare e ispirare anche le nuove generazioni.

Ma ora arriviamo all’intervista.


L’intervista con la traduttrice Claudia Durastanti

Come è stata accolta da parte tua l’idea di occuparti della traduzione di questa nuova edizione del Grande Gatsby pensata per il centenario dalla sua prima pubblicazione?

Ho accettato la proposta con spontaneo e incosciente entusiasmo, e con un profondo senso di gratificazione: è stato il primo classico che ho tradotto, anche se non il primo a essere pubblicato. Il timore è subentrato successivamente, non tanto per l’impresa di restituire la lingua e lo stile di Fitzgerald senza sbiadirne l’estro, ma proprio per la consapevolezza di come erano cambiate le mie abitudini di lettura dinanzi a romanzi come Il Grande Gatsby.

Chissà come sarebbe stato tradurlo a vent’anni, o mentre lo leggevo la prima volta. Sicuramente un disastro sul piano della resa, ma volevo provare a riprodurre quelle intuizioni, quella freschezza non compromessa dinanzi a un testo nuovo.


Come è avvenuto il tuo lavoro di traduzione? Sei entrata subito in sintonia con la scrittura originale di Francis Scott Fitzgerald o hai trovato delle difficoltà? Hai dovuto fare delle scelte per produrre una buona traduzione, considerando che spesso con il passaggio dall’originale alla traduzione si può perdere o trasformare qualcosa?

Poiché vengo dalla scrittura di romanzi, ho iniziato a pubblicare prima ancora di iniziare l’attività di traduttrice, Fitzgerald è stato sempre una figura di riferimento sul piano dello stile; per molti anni quando mi chiedevano cosa avresti voluto scrivere nella vita ho risposto Tenera è la notte senza esitazione alcuna.

Il mio bilinguismo mi ha reso le sue ellissi molto familiari, intime e pratiche, e ho tentato a lungo di riprodurle nei miei testi, consapevole del fallimento ma rassicurata dalla direzione. È per questo che temevo di non riuscire ad adattarle e trasformarle nella traduzione, sentivo che quel che poteva essere considerato un difetto per me era una prerogativa, da scrittrice che leggeva Fitzgerald prima di tutto.

Questa identificazione troppo profonda a volte, dovuta al proprio gusto, non crea la distanza giusta e inevitabile per una traduzione. Quindi per lavorare al Grande Gatsby ho dovuto ripensare seriamente alla mia posizione rispetto al testo.


Come si differenzia questa nuova edizione dalle precedenti?

C’è un lavoro sull’architettura temporale del testo, ho inserito il passato prossimo rispetto al passato remoto non per ragioni di scorrevolezza e adattamento a una presunta preferenza del contemporaneo, ma per ragioni interne al tipo di scrittura scelta dal narratore Nick Carraway: aspira a scrivere un romanzo modellato sulla realtà, che deve molto al diario stilizzato, alla cronaca e alla literary non fiction, persino a quello che sarà il new journalism.

Ma anche e soprattutto per ragioni che riguardano Jay Gatsby: un sognatore senza lignaggio, che ritiene che l’assalto al passato per riviverlo e rinverdirlo sia sempre possibile. Rinverdire, la luce verde: il passato prossimo mi è sembrato la scelta più consona. Come spiego nella postfazione, ho deciso di usare il termine socio per old sport e spacci per drugstores, tenendo conto di alcune interferenze dell’inglese contemporaneo e dei falsi amici che comunque frequentiamo quando ci approcciamo a un’altra lingua.


Come è cambiato il tuo rapporto con il Grande Gatsby? Occupandoti della traduzione hai scoperto nuove chiavi di lettura o dettagli che prima ti erano sfuggiti?

A furia di essere riprodotto, imitato, tradotto e adattato, Jay Gatsby ha perso qualsiasi connotato di personaggio romanzesco per me. Mi è sembrato quasi che Nick Carraway fosse una specie di Carrère alle prese con un Limonov, un avversario. Questo ha influenzato molto le scelte strutturali della traduzione.


Quanto è importante rileggere oggi il Grande Gatsby?

È un’opera che riesce nell’impresa difficilissima di rappresentare il tempo vissuto da una certa generazione e da certe individualità americane, e allo stesso tempo trascende il tempo che racconta, arrivando anche a inventare dei sentimenti che prima del romanzo non avevano quasi definizione.

Di solito i romanzi, anche quando sono straordinari, optano per una delle due dimensioni, perché tenerle insieme è rischioso, la catastrofe è dietro l’angolo. Fitzgerald, a differenza di Gatsby, in qualche modo ce la fa. Ce la fa sempre.

Articolo a cura di Sara Erriu

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