Un breve saggio per comprendere le infinite pieghe della parola “cultura”, le sue potenzialità sociali, ma soprattutto economiche


E’ curioso il libro della docente universitaria Paola Dubini dal titolo “Con la cultura non si mangia. Falso!“. Edito Laterza, esso si prefigge l’obiettivo di livellare alcuni tra i molti pregiudizi nutriti a discapito della forza – sociale ed economica – che la cultura ha e può avere ancor di più nel nostro Paese.

In questo breve saggio di poco più di un centinaio di pagine, infatti, Dubini dedica ogni capitolo a una frase, una credenza (errata) ormai consolidata nel pensiero comune circa l’immaterialità e, di conseguenza, il mancato valore reale e tangibile della sfera culturale, macro-area che abbraccia arti performative e digitali, comunicazione, musica ed editoria.

“Con la cultura non si mangia”, “Il lavoro culturale non paga”, “Dietro la cultura non c’è attività d’impresa”, “La cultura non serve” sono solo alcune delle affermazioni che la docente di Management all’università Bocconi di Milano cerca di confutare, offrendo dati aggiornati, tesi, esempi concreti a testimoniare che la cultura abbia un valore incontrovertibile.

Bisogna conoscere i dati

Per invertire questa tendenza radicata è opportuno – secondo l’autrice – far conoscere la cultura e le sue potenzialità, illustrandone i suoi lati occupazionali, le sue branche, i suoi numeri, i suoi successi economici. In questo, basti pensare, alle numerose professionalità che ruotano attorno alla preparazione e alla messa in atto di uno spettacolo teatrale o di un concerto, ai guadagni di molti cantanti, alla fortuna economica sviluppata dalla scrittrice della saga di Harry Potter.

Fonte: dday.it

Un settore non del tutto controllabile

Ad oggi, gli introiti complessivi procurati dal settore culturale non sono controllabili: si possono contare i biglietti venduti al cinema, in un museo, a teatro e via dicendo, ma non si registrano dati circa la partecipazione a eventi gratuiti, l’accesso a siti come Chiese, città d’arte, monumenti, siti archeologici gratuiti. Questo fattore inciderà forse in parte sul valore sociale ed economico che si attribuisce oggi alla cultura?

Quali sono i settori culturali trainanti?

In questo volume, inoltre, l’autrice presenta quali micro-settori culturali godano di maggior e minor salute, considerando come anche uno in particolare, nel corso degli ultimi anni si sia reinventato, salvandosi da morte certa: la radio. Senza contare la pubblicità, la musica, i quotidiani e i periodici che, per effetto delle trasformazioni digitali, hanno dovuto far fronte a cambiamenti negli usi e nelle strategie, restando al passo con i tempi.

Fonte: www.avis-legnano.org

Il volontariato fa bene alla cultura?

Per affrontare i temi salienti del settore culturale (e i suoi limiti), inoltre, Paola Dubini, in questo saggio, porta l’attenzione sul mercato del lavoro culturale, in parte, gestito da personale volontario: secondo le stime del 2011, le organizzazioni no profit contano 4.7 milioni di volontari “impiegati” in biblioteche, industrie culturali, musei e archivi. A questo punto, una domanda sorge spontanea farsi: questo fattore genererà mica un vuoto e un’evidente difficoltà nello stanziamento -retribuito – di professionalità (anche appositamente laureate e specializzate) in tale settore?

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