Un romanzo scritto nel 1932 e pubblicato nel 1938 ma che riesce ancora a scavare alla ricerca del senso dell’esistenza


La nausea è un comportamento psicologico, un’attitudine nei confronti dell’esistenza che impregna al punto che le cose iniziano ad avere un’influenza rilevante sulla coscienza.

Per comprendere la storia complicata di Roquentin, bisogna innanzitutto capire il senso che Jean Paul Sartre conferisce al termine nausea: ribrezzo e disgusto caratterizzano le giornate, sensazioni dovute al fatto che gli oggetti che circondano il protagonista hanno un peso eccessivo, possiedono una pienezza e un gonfiore a tal punto da rilevarsi nauseanti e oppressivi.


La storia di Antoine Roquentine

Antoine Roquentine, dopo aver viaggiato molto finalmente si stabilisce a Bouville e conduce la sua vita in un albergo vicino alla stazione redigendo una tesi su un certo Rollebon vissuto nel XVIII secolo. La sera, Antoine si siede a un tavolino del Ritrovo dei Ferrovieri ad ascoltare sempre lo stesso brano “Some of these days” e ogni tanto sale in camera al primo piano con la padrona del Bistrot.

La donna amata è ormai scomparsa dalla sua vita da diversi anni. Pretendeva da Antoine una perfezione che non era possibile raggiungere, e così si sono lasciati. La sua vita non ha più senso, ha perso goccia dopo goccia il suo passato, e dopo aver creduto a lungo di aver vissuto importanti avventure, si rende conto che non gli restano che delle storie. Per sopravvivere a questa insoddisfazione si aggrappa al signor Rollebon, perché attende delle risposte. Il morto dovrebbe fornire in una certa misura una giustificazione al vivente.

Ed è così che inizia la metamorfosi di ogni sensazione, la Nausea. Quella sensazione che prende a tradimento e assale ogni cosa la circondi. Perfino l’aria porta in sé la sensazione che da qualche parte ci sia qualcosa in putrefazione, nella luce e nelle gesta delle persone. Ma Rollebon muore ancora una volta nelle mani di Antoine, perché un morto non potrà mai giustificare l’esistenza di un vivo.

Così il protagonista passa le giornate a trascinarsi a caso per le vie della cittadina, fino al primo giorno di primavera in cui cattura finalmente il senso della sua avventura: la Nausea è l’esistenza che si svela, e non è affatto bella l’Esistenza.


La presa di coscienza

La nausea è quindi quella sensazione che coinvolge sia la parte sensibile, ovvero i sensi, sia la parte razionale, ovvero la consapevolezza. Non è più uno stato doloroso passeggero, “non è più una malattia né un accesso passeggero: sono io stesso. […] La Nausea m’ha colto, mi son lasciato cadere sulla panca, non sapevo nemmeno più dove stavo; vedevo girare lentamente i colori attorno a me, avevo voglia di vomitare. […] Da quel momento la nausea non mi ha più lasciato, mi possiede”.

La condizione umana quindi si presenta un solitario e penoso sperimentare le cose che ci circondano, fino a culminare nell’orrore di esistere. Questa presa di coscienza avviene nel giardino pubblico dove, grazie alla solitudine in cui è assorto, riesce ad allontanarsi dall’inautenticità del mondo e del comune divertissement, per comprendere la vera natura delle cose, la loro inesattezza e l’ingombro che provocano.

Antoine rivedrà la sua vecchia fiamma Anny, ma non hanno più nulla da dirsi e anche lei come Antoine in qualche modo ha scoperto l’Esistenza come si nota dal suo imbruttimento e dal greve ingrasso.


La partenza

Dopo questo piccolo barlume di speranza, Antoine torna alla sua solitudine, precipitando nell’incredibile natura accasciata sulla città, ma non riesce a trovare sollievo. Cosa fare? Chiedere l’aiuto di altri uomini? Questa di Bouville è gente perbene, ignora completamente di esistere, e allora non resta che partire e lasciare Bouville.

Antoine entra per l’ultima volta al Ritrovo dei Ferrovieri per ascoltare “Some of these days”, e mentre il disco gira riesce a cogliere una specie di gioia, una possibilità esile di accettarsi. Poter immaginare qualcosa prima della sua esistenza, qualcosa che stesse al di sopra dell’esistenza: scrivere un libro. Anche se consapevole che questo non gli impedirà di esistere e sentirsi esistere, verrà il momento in cui il testo sarà scritto e un po’ della luce che incorpora andrà al passato di Antoine.

Allora grazie a questo libro il protagonista potrà ricordare la sua vita senza disgusto. “Forse un giorno, pensando precisamente a quest’ora, a quest’ora malinconica in cui attendo, con le spalle curve, che sia ora di salire sul treno, sentirei il mio cuore battere più in fretta e mi direi: quel giorno a quell’ora è cominciato tutto. E arriverei – al passato soltanto al passato – ad accettare me stesso”.


La svolta

L’autore ci fornisce, all’ultimo, una possibile guida per evitare di paralizzarsi nell’orrore, un comportamento che possa impedire l’impigrirsi della mente, vale a dire sfruttare la propria libertà e assumersi le responsabilità di ogni azione. Quindi libertà, solitudine, responsabilità e spaesamento sono le condizioni fondamentali che meglio aiutano a descrivere e comprendere la condizione umana.

Il protagonista, e quindi in generale l’individuo, è costantemente solo nonostante viva in società e per questo è condannato a decidere quali saranno le sue azioni. Egli è pertanto libero di scegliere e di vivere pur essendo influenzato dagli altri, libero anche di non essere libero, cioè libero di lasciarsi vivere e di condurre una vita inautentica.

Recensione a cura di Hanane Makhloufi