L’amante giapponese
di
Isabel Allende
Ciò che vi presento è la storia di una donna forte, ma al tempo stesso fragile, di una donna volitiva che, un po’ per destino, un po’ per decisione, si è allontanata dall’uomo che ha sempre amato fin dall’infanzia, per consumare un amore a distanza e clandestino, un amore prima innocente, poi carnale, adultero.
Tra un continuo passaggio di tempo – dalla Seconda Guerra mondiale alla San Francisco dei giorni nostri – di atmosfera e di personaggi, si delineano, pian piano, i contorni e le sfumature di una vita trascorsa alla ricerca della felicità che, assaporata in piccole dosi, porta in un soffio la malinconia e il vuoto dentro, perché tutto poi, risulta non essere mai realizzabile in futuro.
A far da cornice alla grande storia d’amore tra la colta e benestante Alma e il semplice giardiniere Ichimei, si ritrovano altri personaggi, anch’essi alla ricerca di qualcosa, di un affetto, di un amore, ma non come quello dei protagonisti, un amore più sano, puro e curativo.
L’amante giapponese, sicuramente, non è un romanzo banale, è un libro che costringe a fare delle pause, che bisogna leggere a poco a poco. Il suo carattere appassionante, tra il romantico e il tragico, porta spesso a emozionare, a volte a rifiutare tanto dolore, perché, oltre raccontare una storia d’amore senza precedenti, Isabel Allende – autrice di fama mondiale – descrive anche, con certo pathos, frammenti dell’esistenza che possono essere fonte di tristezza e di rancore, passando dalle varie fasi della vita, fino al raggiungimento della vecchiaia, con i suoi tormenti psicologici, le malattie, i drammi e le sofferenze fisiche.
Indiscusso è il talento della scrittrice cilena che, grazie alla sua scrittura pacata, ma dai tratti forti, emozionanti, è riuscita e riesce tutt’ora a superare l’oceano, ad arrivare fino a noi, in Italia e in tutta Europa, a toccarci, a scuoterci l’anima, e a farci riflettere. L’amante giapponese è un romanzo da leggere, da consigliare a coloro che amano le storie potenti, commoventi, che lasciano senza fiato.
Recensione a cura di Sara Erriu
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