A metà tra il saggio e la narrazione il libro contiene esperienze di vita e dati sulla condizione della donna oggi


Ci sono molte cose che le ragazze contemporanee non vogliono più essere: non le spose sottomesse degli anni Cinquanta, tutte casa, cucina e marito, ma nemmeno le femministe arrabbiate degli anni Settanta, con i loro falò di reggiseni e l’odio per i maschi

Da questa premessa nasce “Le ragazze stanno bene“, un libro a metà strada tra il saggio e la narrazione. Scritto da Giulia Cuter e Giulia Perona (che abbiamo intervistato qui), questo volume cerca di fare il punto sulla lunga battaglia che le donne hanno combattuto negli ultimi decenni per far valere i propri diritti in Italia e nel mondo occidentale in genere.

“Le ragazze stanno bene” prende per mano il lettore e lo conduce attraverso le tappe fondamentali di una donna, dalla prima mestruazione alla ricerca (talora ossessiva) della bellezza esteriore, per passare alle esperienze lavorative, politiche, alle relazioni sentimentali e alla maternità.


Tra storie di vita e dati

Come anticipato, la particolarità di questo libro risiede nel riuscire a combinare saggistica e narrazione, in un equilibrato rapporto tra dati, ricerche giornalistiche – in grado di offrire una prospettiva fattuale e concreta del panorama femminile non solo italiano – ed esperienze estremamente realistiche, in cui potersi riconoscere.

“Le ragazze stanno bene” si presenta come una raccolta letteraria dalla missione divulgativa e, in un certo qual modo, educativa, offerta dalle due Giulie in un podcast e in una newsletter dal nome “Senza Rossetto” (nome che rimanda al primo giorno di voto femminile in Italia), dedicati, appunto, alla “questione femminista”.


Consapevolezza

Paradossalmente, il libro è dedicato anche alle ragazze di oggi, che sono cresciute in seno a una cultura prettamente maschilista, a testimoniarlo la vergogna nel parlare (ancora) di determinati argomenti, considerati “tabù“, come le mestruazioni, chiamate con giri di parole, ad esempio, le “mie cose” e il sesso, con il relativo tema degli anti-contraccettivi, ancora in parte sconosciuto o con informazioni frammentate.

In tutto questo, il linguaggio stesso ha un ruolo importante nell’orientare la nostra prospettiva. Un esempio viene dalle espressioni “Uomini che amano troppo” o “Delitti passionali” per raccontare i drammi del femminicidio o, ancora, il confondere il “femminismo” con la “misandria”, che implica una certa avversione per gli uomini in quanto tali, e ancora la questione di genere delle parole come “sindacata”, “avvocata”, “architetta”.


Chiave ottimistica

Per concludere, “Le ragazze stanno bene”, come già suggerisce il titolo, nonostante rinfreschi la memoria sui risultati ottenuti dalle donne nel corso degli anni (con non poca fatica), come il diritto all’aborto – nel non lontano 1978 -, affronta la questione di genere in chiave ottimistica:

La vera sfida per le nuove generazioni è questa: trovare un modo di spiegare a tutti che il femminismo è un dialogo per ridefinire le forme del potere, un percorso da fare insieme verso l’uguaglianza, un processo che non implica rubare i diritti civili a qualcuno per darli agli altri, ma solo estenderli al maggior numero possibile di persone. Sarà dura, ma sarà bellissimo