Sicuramente, questo interrogativo dividerà in due i lettori: da una parte si collocheranno gli appassionati lettori, che non dubiteranno a rispondere col dire che leggere un libro sia molto più totalizzate ed emozionante che guardare l’adattamento cinematografico di una storia. Allo stesso tempo, dalla parte opposta, si schiereranno gli amanti del cinema, con le loro buone ragioni per preferire o quanto meno difendere la visione del film.
Senza il minimo dubbio, c’è chi reputa un film il miglior mezzo per rappresentare appieno e fedelmente una storia e chi, invece, non sostituirebbe per nulla al mondo il piacere dato dalla lettura. Certamente tra queste due fazioni c’è un abisso, ma io cercherò di unirle, quantomeno di avvicinarle con la riflessione.
Guardare un film indubbiamente è più semplice, richiede meno concentrazione, minor tempo, gli eventi vengono intuiti senza sforzi eccessivi, le immagini cercano di ricostruire una realtà fedele, che lo spettatore osserverà e dentro la quale si immergerà, appassionandosi ed emozionandosi.
Per ovvie ragioni, non è semplice trovare una soluzione il più oggettiva possibile al mio interrogativo, poiché tra la versione cinematografica di una storia e quella interpretativa di un romanzo si pongono differenze quasi inconciliabili. Per trovare una soluzione perciò, dobbiamo solo appellarci alla soggettività, a ciò che piace maggiormente a livello personale.
Bisogna però, considerare, con certezza quasi assoluta, che leggere un libro richiede molta più concentrazione e soprattutto l’utilizzo di particolari capacità intellettive, indispensabili per comprendere e interpretare una storia. Figurarsi le fattezze di un personaggio – e comprenderne la psicologia – i tratti di un paesaggio e il susseguirsi dei vari eventi è un’attività piuttosto complessa, anche se, spontanea e immediata.
Leggere un libro inoltre, non vuol dire solo immergersi in un racconto abbozzato nei suoi aspetti essenziali, leggere significa creare, creare una storia partendo dal testo che l’autore propone, mescolandolo con la propria soggettività, il proprio vissuto. L’attività dell’autore, all’interno di una narrazione, si limita a offrire un testo – come una tavolozza di colori – che il lettore dovrà realizzare come meglio crede.
Leggere implica perciò, un rapporto diretto e attivo. È il lettore stesso che sceglie il ritmo da dare alla storia, quando interrompere e quando riprendere il filo del racconto, in una libertà e un’intimità senza eguali.
La risoluzione di questo interrogativo? La lascio a voi!
Sara Erriu