Quel giorno sulla Luna è un reportage narrativo che ci riporta live nel 1969, quando l’uomo sbarcò per la prima volta sul satellite terreste


Qualcuno ricorderà ancora quel giorno per averlo seguito incollato allo schermo. Tanti l’avranno invece conosciuto tramite le varie testimonianze che sono arrivate fino a noi. È il 20 luglio 1969 quando l’uomo sbarca per la prima volta sulla Luna. Sono passati 56 anni dall’evento inaugurale, ma oggi si torna ancora sul satellite terreste per studiare la sua superficie con il lander lunare Blue Ghost.

Nonostante non vi sia equipaggio, l’emozione di vedere nuove immagini del nostro satellite è sempre forte, anche se non sarà mai paragonabile a quella provata in quell’ormai lontano 1969.

Se con il tempo i ricordi sbiadiscono, possiamo fare appello a una testimonianza unica: Quel giorno sulla Luna, un reportage narrativo scritto da Oriana Fallaci, giornalista che ha avuto l’occasione di seguire direttamente la missione Apollo 11, recandosi sul campo, incontrando i protagonisti dell’impresa diventati poi eroi mondiali.


Quel giorno sulla Luna: il racconto live dell’impresa

Quel giorno sulla Luna, pubblicato per la prima volta da Rizzoli nel 1970, è una risorsa davvero preziosa oggi, perché restituisce la cronaca del tempo con una dovizia di particolari che sembra quasi di seguire un servizio televisivo. Di essere, in poche parole, spettatori in diretta di quella straordinaria impresa.

La sua scrittura, come sempre, non fa sconti a nessuno. È schietta, diretta, personale. Non si tratta di una sola cronaca dei fatti, ma di un racconto vivo che si fa strada tra interviste – tra cui quella con Neil Armstrong –, e una narrazione personale dell’evento astronomico. Dalla partenza del razzo Saturno allo sbarco sulla Luna, osservati dalla tribuna stampa della Nasa. Una fonte che oggi è parte della Storia.


L’attenzione ai dettagli fisici e psicologici degli intervistati

Le interviste di Oriana Fallaci non raccontano solo il detto, il semplice scambio di battute tra giornalista e intervistato. Si caricano di dettagli fisici e psicologici che non sono solo artifici letterari, ma offrono nuovi e importanti elementi al racconto.

Quando ha avuto l’occasione di incontrare Neil Armstrong, il primo uomo che ha messo effettivamente piede sulla Luna, Fallaci scrive di lui:


Io, quando lo conobbi cinque anni fa, me ne sentii respinta e molta gente m’ha detto d’aver provato la medesima cosa. Anche a causa della sua timidezza che è enorme e che egli combatte con l’arroganza […] Chiunque te lo descriverà come un tipo freddo, calcolatore


Quello che la Fallaci nota, in quell’ambiente quasi fantascientifico, è la mancanza di ambizione e spirito di avventura di Armstrong. Quando Oriana chiede se gli dispiacesse non andare sulla Luna, lui risponde semplicemente: “Sì, ma non ci farei una malattia, non la prenderei come un’offesa. Io non capisco, vede, quelli che sperano tanto di andarci per primi. Sono sciocchezze, bambinate, residui romantici”.


Lo sbarco sulla Luna dalla tribuna stampa

Il caso vuole che quello stesso astronogo sia il primo uomo ad avere la fortuna di camminare sulla superficie lunare. Dal racconto di Fallaci, il primo passo sulla Luna fu “breve, cauto, esitante: da bambino che impara a camminare”. Quello che ci presenta è un Armstrong che cerca “l’approvazione dell’altro, persino la sua voce sembrava quella di un bambino. Così mite, esitante, gentile”, si legge.

Il percorso dell’astronauta è seguito attentamente dalla tribuna stampa nella quale si trova la giornalista toscana.


V’è un’atmosfera piuttosto tesa. Come in una clinica di maternità quando una donna sta per partorire e tutti si affannano intorno a lei preparando le cose. […] C’è un nervosismo represso, la gente lo sente che sta per accadere una specie di miracolo… un lieto evento che però è pieno di pericoli, incognite, come la nascita di un bambino. Nessuno scherza, sai, tutti sono seri, ed io credevo che ci sarebbe stata confusione, invece no


Ogni passo di Armstrong viene seguito dai giornalisti e dagli scienziati via schermo: procedono con lui per vedere ciò che si presenta. “Se visto dai finestrini il paesaggio era irreale, visto dal suolo è addirittura assurdo. La Luna – descrive Fallaci – è così piccola che il suo orizzonte è sempre a ridosso: diciamo a due chilometri di distanza, non di più. Oltre quei due chilometri sembra che il mondo finisca e precipiti in una voragine buia: ti senti Gulliver nel paese dei Lilliput”.

Un uomo normale – continua Fallaci in Quel giorno sulla Lunain un tale scenario impazzisce. Neil Armstrong invece no. Per impazzire dovrebbe spaventarsi, stupirsi, insomma non lavorare di fantasia: bensì a controllare, trasmettere, e basta”. E proprio la freddezza dell’astronomo, descritta dalla giornalista, risulta essere la chiave per mantenere la calma in quella situazione. Poi arrivano le prime parole, ormai diventate celebri: “Questo è un piccolo passo per l’uomo, un salto gigantesco per l’umanità”.

La voce di Oriana, trascritta nel collegamento telefonico con il giornale L’Europeo per cui lavora, traspare emozionata ed eccitata nel raccontare ciò che sta vedendo con i propri occhi. Un’esaltazione che si carica di volta in volta, assorbendo la magia e l’entusiasmo crescente attorno a lei.

Dettagliato è anche il resoconto della superficie lunare: “È fine e polverosa” racconta Armstrong in collegamento con la Nasa, che con appositi strumenti monitora costantemente le condizioni fisiche dell’astronauta. “Posso sollevarla con la punta delle mie scarpe: aderisce alla suola e ai lati in strati simili a polvere di carbone. Affondo solo in una piccola frazione di pollice, forse l’ottava parte di un pollice. Ma posso vedere le impronte delle mie scarpe e i miei passi sopra la sabbia”, aggiunge.

Nel giro di venti minuti Armstrong acquista confidenza in quel nuovo ambiente, “si era completamente assuefatto dalla Luna – spiega Fallaci in Quel giorno sulla LunaE noi con lui. Niente più tremiti ormai, niente più paura: a vederlo così tranquillo, quasi dimenticavi che lo spettacolo paradossale si svolgeva lassù, ti sembrava di essere al cinematografo a guardare un film di fantascienza, e a poco a poco anche il film non ti stupiva più, anzi diventava credibile, normale, ovvio”.

Al ritorno sulla Terra dopo un periodo di isolamento, sono seguite celebrazioni, medaglie, applausi. “Per qualche tempo gli astronauti furono idoli della folla e per sempre gli restò la patente di eroi. Ma questo ce l’aspettavamo tutti e così non fece impressione a nessuno. Voglio dire: qualcosa del genere s’era letto anche nel libro Dalla Terra alla Luna di Jules Verne”, conclude Oriana Fallaci nel suo libro.

Articolo a cura di Sara Erriu

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