Il giovane Holden racconta la storia di un adolescente che deve lasciare la scuola, nel suo vagabondare prima di tornare a casa una serie di episodi formativi


Una fuga di qualche giorno prima di tornare a casa. E’ quella che compie Holden, adolescente cacciato da una scuola privata della Pennsylvania. In questo lasso di tempo un vagabondare che lo farà riflettere su se stesso e su quello che vorrebbe fare in futuro.

Sul piatto qualche progetto abbozzato, lasciare tutto e fuggire fino a non farsi più vedere, un via vai di pensieri che si rivelano come fumo di una sigaretta.

Una riflessione sulla vita da studente insoddisfatto, sul passato, segnato da un grande lutto, quello del fratello Allie; una serie di episodi consumati nei locali notturni, a zonzo o in una camera di albergo di New York. Il giovane Holden di J.D. Salinger conduce, attraverso una trama semplice, nella testa e nelle inquietudini di un giovane americano degli anni Quaranta, che non si discostano così tanto da quelle di un ragazzo di oggi. Stessi interrogativi, stesso vivere in bilico tra dovere e volere, stessi dubbi tra il voler ripartire, da zero, o cercare di raddrizzare il tiro. La stessa paura di agire seguendo l’istinto.


Romanzo di formazione che ti cattura

Il giovane Holden è un romanzo di formazione che rapisce dai primi istanti con il suo stile caratterizzato da un linguaggio diretto e confidenziale. A parlare lo stesso protagonista che si lascia andare di fronte al lettore, accogliendolo come un amico.

La trama è piuttosto semplice, ma ciò che colpisce ancora di più è il non detto, quello che si nasconde dietro il non voler prendere questa o quella decisione. Un’indecisione e una riflessione che presentano Holden come un giovane dotato anche di saggezza.

Dalla prima pubblicazione nel 1951, in Italia sono nate due edizioni: una con la traduzione di Adriana Motti (nel 1961) che oggi apparirebbe un po’ desueta nei termini e troppo distante dal linguaggio di un giovane dei nostri tempi; e quella più recente di Matteo Colombo (2014) che invece fa apparire il giovane Holden come un ragazzo di oggi. Tra le due versioni la personalità del protagonista per certi versi cambia: nella prima viene marcata la saggezza del sedicenne, mentre nell’altra il personaggio si fa molto più vicino e reale.


Un romanzo sul non detto

Il giovane Holden è un romanzo piuttosto complesso: come accennato, non si limita ai fatti e a ciò che il giovane fa, ma ad avere ancora più risonanza è ciò che Holden non fa, che rivela il suo non voler scegliere o rimandare. Per questo il romanzo si può dire di libera interpretazione. Un romanzo in fin dei conti è questo che vuole offrire, non risposte ma suscitare altre domande.

Non a caso l’autore stesso ha voluto una copertina pulita per questo suo best-seller che Einaudi veste di bianco, a eccezion del titolo, in stampatello, nero. Una scelta che mira a non influenzare il lettore, ma a farsi un’idea della storia solo immergendosi completamente tra le sue pagine.

Sulla stessa scia, Einaudi ha voluto scegliere un titolo dell’opera altrettanto poco esplicativo. Dall’originale The Catcher in the Rye a Il giovane Holden. La difficoltà nella tradizione italiana ha fatto optare per un titolo meno evocativo e più neutro.

Il titolo originale si rifà alla storpiatura di una strofa della canzone che il protagonista ascolta nel corso delle sue peripezie: la traduzione sarebbe “colui che salva i bambini, afferrandoli un attimo prima che cadano nel burrone, mentre giocano in un campo di segale”. Una scelta che si capirà sul finale e che sarà la chiave di volta per chiudere il cerchio della narrazione.

Recensione a cura di Sara Erriu