Ross King con “Il libraio di Firenze” torna indietro nel tempo per offrire un racconto ricco di aneddoti e curiosità sull’uomo considerato “il re dei librai”


Aveva appena 11 anni quando venne assunto, quello fu solo l’inizio di una lunga carriera che lo portò a essere considerato “il re dei librai del mondo“. Siamo nella Firenze del 1400, quel giovane era Vespasiano da Bisticci, “fabbricante di libri e mercante di sapere”. A raccontare la sua storia il libro di Ross King dal titolo Il libraio di Firenze, edito Garzanti.

Ma facciamo un passo indietro. La carriera di Vespasiano parte in via dei Librai, infrastruttura che attraversava il cuore di Firenze, all’interno di una bottega dove non si vendevano solo carta e pergamena, ma si producevano e commerciavano manoscritti.

Qui i cartolai fungevano da librai, rilegatori, venditori di carta, illustratori ed editori. Facile intuire come questa attività prettamente manuale si trovasse al centro del commercio dell’epoca: “La fabbricazione di libri era un’attività in cui i fiorentini eccellevano anche perchè in quella città erano in molti ad acquistare libri, qui, a dispetto che altrove, 7 adulti su 10 sapevano leggere” si legge nel volume che consta di circa 500 pagine. Il livello di alfabetizzazione delle altre città europee, al contrario, si fermava a meno del 25 percento. A Firenze si insegnava a leggere e a scrivere anche a molte ragazze, nonostante gli avvertimenti contrari di monaci e altri moralisti.


Una carriera iniziata dalle difficoltà economiche della famiglia

Il talento di Vespasiano è frutto di una serie di circostanze. “Se suo padre non fosse morto lasciando ingenti debiti e se la madre non si fosse ritrovata sola con tanti figli da sfamare, Vespasiano avrebbe trascorso quattro anni immerso nello studio della letteratura latina, per poi magari proseguire gli studi in un’università – si legge nel libro -. Attorno al 1433, l’anno di peggior miseria per la sua famiglia, Vespasiano chiuse i libri di scuola e, alla tenera età di undici anni, iniziò a lavorare“.

La legatura sarebbe stata una delle prime mansioni che il giovane Vespasiano apprese alla libreria di Michele Guarducci, il passaggio finale nella fabbricazione di un volume, da lì in poi, il processo di crescita del giovane fu esponenziale.

La sua attività non si fermava mai al semplice lavoro pratico, Vespasiano finì presto a condividere con i clienti interessi che non erano solo commerciali: frequentava alcune delle personalità più importanti di Firenze e dintorni. “Ebbe la fortuna di iniziare a lavorare con Guarducci negli anni in cui certi eventi politici fecero arrivare molti visitatori illustri in città. Fu fortunato anche perchè questi erano gli anni in cui si stavano riscoprendo gli antichi manoscritti, dimenticati per secoli, e in cui papi e principi cominciarono ad allestire vaste biblioteche dove i i libri non servivano soltanto come begli ornamenti per lusingare la loro vanità, ma erano depositi di conoscenze preziose da cui altri potevano apprendere”.


Nei locali di Guarducci i clienti potevano sedersi ai tavoli e sfogliare manoscritti

Grazie al lavoro di Vespasiano, intorno alla metà del Quattrocento, i locali di Guarducci erano diventati una delle botteghe più famose di Firenze. I clienti qui potevano sedersi ai tavoli, sfogliare manoscritti, come fossero in una biblioteca o in una sala di lettura.

All’epoca l’attività produzione e conservazione dei manoscritti era svolta da monaci che, chini sulla pergamena, trascrivevano testi (spesso presi in prestito da altri monasteri) per le loro biblioteche. In questo panorama Vespasiano si fece notare, tanto da entrare al servizio di Cosimo de’ Medici, a soli 23 anni. Il suo compito? Quello di “produrre delle rilegature di lusso e trasformare i manoscritti in meravigliosi manufatti”, ma anche di essere il libraio dei suoi figli Piero e Giovanni, che si preparavano a prendere il posto del padre. Ma tra i tanti uomini facoltosi dell’epoca, Vespasiano lavorò anche per il pontefice Niccolò V, “in pochi anni la Biblioteca Vaticana divenne una delle più grandi e belle del mondo, facendo di Roma un centro di cultura e istruzione”. L’obiettivo di Vespasiano era infatti quello di “forgiare un mondo migliore per mezzo dello studio degli antichi”.


In questi anni una grande rivoluzione: la stampa a caratteri mobili

In questi stessi anni, intanto, si stava delineando anche una grande rivoluzione nel mondo librario. La stampa a caratteri mobili di Gutenberg che permetteva la produzione di libri in maniera più rapida ed economica. La stampa consentiva di produrre in un giorno un libro che veniva ricopiato a mano in più di un anno, e di farlo costare un quinto del prezzo di un manoscritto. Fu così che nella seconda metà del Quattrocento si diffondono tipografie oltre che a Magonza, Norimberga, Colonia, Parigi e in Svizzera, anche in Italia, a Roma (nel 1470), Venezia, Napoli, Bologna e Milano.

La velocità con cui i libri potevano essere prodotti, la loro quantità e la loro relativa convenienza rispetto ai manoscritti: tutte queste cose volevano dire che il sapere si sarebbe potuto diffondere lontano e in fretta, e che tutti, perfino i poveri, avrebbero potuto possedere una biblioteca

Non è un caso se, un secolo dopo la nascita di Vespasiano, inizia a diffondersi una particolare e suggestiva parola per descrivere la straordinaria fioritura culturale dell’epoca. La “rinascita” coincideva con la nuova vita della classicità antica – romana e greca – che si era delineata. E questo, è il caso di dirlo, anche grazie all’attività stessa di Vespasiano.

In Il libraio di Firenze, a raccontare questa storia straordinaria in modo accattivante e semplice – con tanti aneddoti e curiosità – è Ross King, romanziere e saggista canadese che ha iniziato la sua carriera scrivendo opere di narrativa storica negli anni ’90. Tra i suoi capolavori che trattano gli anni d’oro d’Italia Cupola del Brunelleschi: la storia del Duomo Grande di Firenze (2000), Michelangelo e il soffitto del papa (2002), Machiavelli: filosofo del potere (2007), Leonardo e l’Ultima Cena (2011).

Recensione a cura di Sara Erriu