La biblioteca vivente è un luogo di incontro per ascoltare storie vere che abbattono i pregiudizi e promuovono il rispetto


L’idea è nata in Danimarca negli anni Duemila, oggi viene replicata in tutto il mondo. Anche in Italia. La biblioteca vivente è un metodo innovativo, semplice ed efficace per promuovere il dialogo, ridurre i pregiudizi e promuovere i diritti umani. È riconosciuta anche dal Consiglio d’Europa come buona prassi per il dialogo interculturale.

Culture diverse, malattia mentale, orientamento sessuale e religioso. Questi i temi più ricorrenti che il progetto mette al centro e su cui vuole fare sensibilizzazione secondo il principio che vede la differenza non una barriera, ma un valore da diffondere e proteggere.

La prima biblioteca vivente è stata del danese Ronni Abergel. Ha fatto riunire un gruppo di volontari per far raccontare le proprie storie. Il successo è stato immediato, tanto che la biblioteca ha raccolto oltre cinquanta “libri”.

L’idea è stata talmente fortunata che in breve tempo è diventata un modello portato in oltre ottanta Paesi: in Norvegia, Portogallo, Australia, Singapore e in Italia. L’iniziativa ha permesso e permette di far incontrare persone diverse che altrimenti non si sarebbero conosciute. Il tutto per parlare, scoprire nuove realtà e qualcosa anche di sé.

Un circolo virtuoso per aumentare la soglia di rispetto verso chi per sue esperienze, fede religiosa, identità, ma anche per il suo aspetto fisico, per i suoi orientamenti o per il suo stile di vita, viene considerato lontano o addirittura nemico.


Che cos’è una biblioteca vivente?

Ma ora cerchiamo di capire meglio cos’è una biblioteca vivente (o umana). In inglese human library, offre la possibilità di consultare dei libri umani. Una volta scelto il titolo, il lettore lo potrà “sfogliare” ascoltando direttamente la persona che ha vissuto quella storia e avanzare anche delle domande; in una conversazione di circa mezz’ora. I libri umani infatti sono delle persone reali, con cui è possibile confrontarsi.

Questa esperienza è ormai consolidata in Italia: per fare qualche esempio, a Milano, a Trento, a Varese, a Pesaro, e a dicembre arriva anche a Genova nell’ambito di Genova capitale del libro 2023. Come intuibile, la biblioteca vivente non è un luogo fisico e materiale, ma un’occasione di incontro che viene organizzato con eventi periodici (spesso in ambienti aperti come i giardini).


Il successo della biblioteca vivente: “Le storie rendono umani”

La narrazione orale ha sempre rappresentato un momento essenziale per l’uomo e un ponte per connettere le generazioni. La stessa Odissea è il prodotto della narrazione, o confessione, di Ulisse che racconta sé stesso davanti al re dei Feaci e alla sua corte, infrangendo ogni stereotipo e consegnando le sue gesta e i suoi pensieri ai presenti e all’umanità, attraverso i secoli.

La narrazione ancora oggi è uno straordinario strumento di conoscenza che percorre la cultura di diversi popoli: sono moltissime le testimonianze narrative che mettono in evidenza l’importanza psicologica, sociale e culturale di aprirsi al mondo, con tutte le difficoltà, i rischi, ma anche il giovamento che ne possono derivare.

Un libro che illustra il bisogno (primordiale) dell’uomo di raccontare è il saggio L’istinto di narrare di Jonathan Gottschall, che spiega lo straordinario potere delle storie. Quello di rendere umani.

Tornando al progetto solidale che sta crescendo anche in Italia, c’è un libro che fa conoscere nel dettaglio la potenza di questo strumento educativo, interculturale e di coesione sociale, con particolare attenzione alle storie legate alle carceri. Si tratta di Biblioteca vivente. Narrazioni fuori e dentro il carcere (Altreconomia, 2016), a cura di Ulderico Maggi, Paola Meardi e Cristian Zanelli, che si serve di narrazioni, approfondimenti e immagini.


Nella foto in copertina (di ABCittà) la biblioteca vivente di Milano (San Siro)