Il morso della vipera: una lotta contro il tempo e i dettami del fascismo per far trapelare la verità camminando sul filo della legalità
Mussolini aveva un rapporto difficile con i gialli. Odiava che gli italiani li amassero, che amassero la letteratura tipicamente straniera. Ma quando sono gli italiani a scrivere libri gialli, anche qui le cose non vanno proprio lisce: il Duce infatti sottoponeva a ferrea censura le opere non di suo gradimento e poneva alcuni paletti a scrittori ed editori:
Tanto per dirne un paio, i cattivi devono essere sempre stranieri, e i poliziotti devono essere eroici, trionfare sempre in fretta, e usare il resto delle pagine a disposizione per fare delle asfissianti lezioni di morale. […] In Italia, da quando ci sono i fascisti al governo il crimine non esiste più, regnano solo la pace e la prosperità e si vede l’arcobaleno due volte al giorno
Una nuova storia fedele
E’ da questa immagine storica che nasce il primo romanzo della nuova serie firmata Alice Basso, che prende il nome de Il morso della vipera (qui il libro), edito Garzanti. Vani Sarca, protagonista della precedente serie, realizzata dalla stessa autrice di origini milanesi, iniziata con L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome (qui la nostra recensione), ora passa la palla a una nuova protagonista.
Si chiama Anita Bo la giovane torinese che si trova a dover fare i conti, nella città della Mole degli anni Trenta, con una grande voglia di indipendenza che la avvicina alla professione di dattilografa, e di conseguenza, a collaborare nell’intreccio di una storia da spolverare e dare dignità.
Anche qui, come nelle precedenti opere della grande Alice Basso, non mancheranno colpi di scena, qualche risata, un sano mix tra il romanzo rosa e giallo, e una ventata di coinvolgimento assicurato.
Il morso della vipera: una verità in bilico
Le avventure di Anita non sono rilegate entro le mura della casa editrice per cui lavora: quelle stesse pareti finiscono per trascinarla in una realtà sovversiva, in bilico sul filo della legalità e dell’agire “in regola” con la realtà politica del tempo.
Nonostante una sorta di ingenuità verso i dettami (ancora in germe) del fascismo, Anita non potrà fare a meno di riflettere su un particolare accadimento: “Sarà un episodio da nulla, ma è di certo l’ennesima storia di cui nessun giornalista scriverà mai niente, su cui nessuno leggerà una riga, e che, appena i testimoni smetteranno di parlarne, svanirà nel nulla. […] Una storia che non viene raccontata non esiste“.
E quale sarà l’unico strumento che Anita può utilizzare per scuotere le coscienze? La scrittura forse? Ma se il Duce proibisce un libro “scomodo”, secondo il mito del dover selezionare le informazioni, “le cose migliori come fa un padre con i figli”, impedendo alle persone di pensare, è necessario aggirare il regime con uno stratagemma narrativo. Ma che ne sarà del futuro di Anita? Riuscirà a mantenere un segreto più grande di lei?