La linea del colore, un romanzo su tre ragazze unite dalle origini africane tra Ottocento e anni Duemila


Si parla troppo poco delle imprese colonialiste che l’Italia ha avviato nel corso della storia. E’ il primo febbraio del 1887 quando a Dogali l’Italia colonizzatrice si scontra con un’Africa orientale intenta a difendersi da una battaglia destinata a riempirsi di sangue (soprattutto italiano).

Si tratta di una carneficina avviata da un esercito italiano “malconcio, poco addestrato” e voluta da ufficiali (ingenui) che hanno portato avanti il proprio culto colonialista, convincendosi che “i negri non sono niente, non sanno fare niente. Noi siamo superiori in razza e in intelletto. Possono essere anche cinquantamila uomini, ma noi li batteremo lo stesso, siamo bianchi. Viva l’Italia!”.

Proprio quando a Roma giunge la notizia della sconfitta, la statunitense e nera Lafanu Brown supera via del Corso, e mai avrebbe previsto che la sua vita da quel momento sarebbe cambiata per sempre. Appena la vede, una folla di persone la attornia e la aggredisce dicendo: “Erano giovani i nostri soldati. Erano italiani. E la tua gente negra li ha uccisi. Perchè, negra, ci hai uccisi?”.

L’unica cosa che Lafanu ricorda di quel pomeriggio è un uomo sulla trentina che implora spazio per soccorrerla, gridando: “Questa donna sta male, non vedete? Ma non capite, branco di cretini, che i veri patrioti sono gli abissini?“.


Storie vere…

Da qui scopriamo la storia di Lafanu Brown, personificazione di due donne realmente esistite: Sarah ed Edmonia, due nere libere, vittime però di un pesante clima di razzismi e diffidenze. Proprio le vicende di queste due fanciulle conducono la scrittrice italo-africana Igiaba Scego a scrivere La linea del colore, e, precedentemente, Adua e Oltre Babilonia.

E’ stato inevitabile per me, sia nell’ideazione sia nella stesura, pensare a ciò che stava succedendo nel Mediterraneo della contemporaneità, tra libici, persone a cui era negato un visto, a cui veniva negato un viaggio legale con un passaporto e una valigia


La linea del colore, un romanzo di estrema attualità

Il romanzo, nonostante racconti la storia di Lafanu Brown (vissuta nell’Ottocento), è estremamente attuale: ad alternare la narrazione sono Leila e Binti, due ragazze dei giorni nostri che scoprono le vicende della povera Lafanu (e le tramandano alle nuove generazioni), fino a vivere sulla loro pelle i dolori della terra di origine.

Ma se Leila riesce a vivere come una vera italiana, Binti non riuscirà a fuggire da una terra che trattiene le gambe come sabbie mobili, con i delinquenti che la popolano, la mentalità che non permette di affrontare i cosiddetti “viaggi della speranza“.

Capii che quel muro di Berlino che era crollato era riemerso nel Mediterraneo creando di fatto cittadini di serie A a cui ogni stato permetteva il viaggio grazie al passaporto forte e cittadini di serie B a cui di fatto veniva (ed è ancora) impedita la mobilità. Persone i cui corpi, per andare da un punto all’altro del globo, dovevano farsi torturare, spezzare, violentare. Corpi che finivano prima in un lager e poi su un barcone che poteva arrivare o no dall’altra parte

Per concludere, come facilmente è intuibile, La linea del colore (che segna la linea dell’emancipazione della protagonista attraverso la sua passione per l’arte) è un romanzo doloroso da leggere, ma necessario per comprendere come “tumori” millenari siano tuttora ancorati alla società. A una società che ha ancora tanto coraggio per continuare a combattere.


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